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Info - Asta 7

Prefazione alla prima edizione

L’elevatissimo livello artistico, la ricchezza delle tipologie e delle raffigurazioni, la varietà e l’abbondanza delle emissioni concorrono a fornire al corpus delle monete e delle medaglie dei romani pontefici una caratterizzazione unica e irripetibile: esse costituiscono un insieme assolutamente eccezionale, che non teme alcun confronto nell’ambito della numismatica dei paesi di tutto il mondo successivamente all’età classica.

Le prime monete appaiono in epoca alto-medievale, mentre la medaglia si sviluppa a partire dal Quattrocento. Ma è soprattutto a seguito dello straordinario sviluppo artistico del periodo rinascimentale che la produzione delle zecche pontificie comincia ad acquisire caratteristiche, forme e stili assai peculiari e delineati, che si consolidano via via nei secoli successivi: un decisivo contributo in questo senso è dovuto al fatto che, come per tutte le arti maggiori, la corte papale si avvale anche in questo settore dei più grandi e affermati artisti, orafi e incisori.

Nel Quattrocento e nel Cinquecento le emissioni pontificie forniscono risultati di altissimo livello soprattutto nella ritrattistica pur nell’ambito di una non uniformità di stili e di approcci, data la frequente diversa provenienza artistica degli autori di monete e medaglie: alcuni ritratti papali risultano ancora oggi estremamente espressivi e moderni soprattutto nella caratterizzazione psicologica e intima del personaggio rappresentato. Nella realizzazione dei rovesci invece viene ammessa da parte delle autorità emittenti una libertà assai contenuta mediante l’imposizione di obblighi e vincoli sui temi e le modalità delle rappresentazioni, che hanno il principale scopo di diffondere messaggi cristiani ed evangelici. Tutto questo, associato alla disponibilità di uno spazio ridotto, limita le possibilità e la fantasia dell’artista, la cui capacità si esplica quasi esclusivamente nell’arricchimento e nella diversificazione con dettagli e particolari dell’immagine commissionata.

Pur a fronte di opere complessivamente già notevolissime, è però soprattutto nel Seicento e nel Settecento che la produzione delle zecche papali raggiunge gli esiti più alti dal punto di vista estetico: infatti l’accresciuta dimensione dei tipi monetali comincia ben presto a consentire agli incisori di creare immagini più articolate, ricche e varie ma sempre artisticamente validissime: la purezza e l’immediatezza dell’arte rinascimentale lasciano il passo alla grandiosità, alla scenografia, spesso al trionfalismo.

Per quanto riguarda la medaglistica, a partire dalle prime emissioni l’alto rilievo e il maggiore spazio messo a disposizione dell’artista consentono la realizzazione di ritratti maggiormente espressivi e di eccelsa fattura: nel ritratto, che riprende da vicino gli schemi classici, il pontefice è rappresentato come capo della Chiesa e soprattutto come principe. Il busto, sempre riccamente paludato, viene proposto con una accentuata monumentalità e staticità, che concorrono a sottolineare l’alto rango del personaggio raffigurato.

Nei rovesci delle medaglie si alternano rappresentazioni religiose e allegoriche, riproduzioni di edifici e monumenti del tempo, soprattutto sacri, immagini legate ad avvenimenti contemporanei e talvolta a opere artistiche. Dopo l’età rinascimentale anche la monetazione, soprattutto per i moduli maggiori, si rivolge ben presto ad ampliare le tematiche dei rovesci in questi ambiti. Nella produzione monetale e medaglistica papale l’arte manierista e soprattutto barocca ottengono la più efficace e ricca affermazione in senso assoluto.

Se comunque il lungo periodo che va dal Quattrocento al Settecento risulta complessivamente il più proficuo per aspetti squisitamente artistici, nelle emissioni dei romani pontefici ogni epoca è significativamente rappresentata con caratteristiche del tutto peculiari, che risultano di estremo interesse da un punto di vista storico, politico, religioso.

Data l’enorme vastità dei periodi storici e la varietà dei materiali prodotti dalle zecche e dalle autorità pontificie, approcciare con serietà, interesse e passione una collezione di monete e medaglie papali significa necessariamente limitare la propria area di intervento e individuare temi, argomenti di ricerca, percorsi di indagine affini alla propria sensibilità e alla propria cultura: le impostazioni e le scelte che il collezionista effettua, e che molto spesso subiscono poi nel tempo variazioni e approfondimenti, rappresentano solitamente la manifestazione di una significativa corrispondenza con la propria personalità.

Una splendida testimonianza di questo approccio è rappresentata dalla collezione di monete e medaglie papali formata dal dott. Paolo Benatti, amico di sempre, che è frutto di una vera, grande appassionata ricerca da lui condotta con costanza e impegno in un arco di tempo di circa trentacinque anni e che qui ho il piacere e l’onore di presentare.

Il tema principale attorno al quale si è sviluppata ed è stata formata l’intera collezione è stato dettato dalla volontà di fornire una rappresentazione iconografica di tutti i pontefici che si sono succeduti sul trono di Pietro dal Quattrocento (più precisamente da papa Martino V) fino ai nostri giorni.

Se, da un lato, la realizzazione di questo obiettivo ha reso necessario inserire talvolta nella raccolta anche medaglie di età posteriore, dall’altro va rilevato come uno degli indiscutibili ed essenziali pregi della collezione consista nella raffinata scelta di esemplari di notevole rarità o qualità di conservazione oppure di eccellente livello artistico.

La stessa raffinata scelta è stata operata in certi casi anche nei confronti di esemplari che non riportano il ritratto del pontefice, ma che sono stati collezionati per la loro rappresentatività nell’ambito di tutta la monetazione papale.

Citare qui le monete e le medaglie più significative e importanti della collezione è certamente un’impresa ardua: tra le monete possiamo ricordare innanzitutto quelle del Rinascimento, a partire dal grosso d’argento di Sisto IV, opera dell’incisore Emiliano Orfini da Foligno, sul quale appare per la prima volta, come sul doppio grosso, il ritratto monetale di un pontefice, reso e trattato con un forte e addirittura crudele realismo. Di Giulio II esistono nella raccolta uno splendido giulio per Bologna, opera di Francesco Francia, e un giulio per Roma, probabile opera dell’incisore Pier Maria Serbaldi da Pescia detto il Tagliacarne. Nella prima moneta l’immagine del pontefice è più morbida ed espressiva, nella seconda più decisa, massiccia e imponente: entrambi i ritratti risultano comunque fortemente innovativi e moderni. Con Leone X nel mezzo bianco di Bologna, opera dell’incisore Antonio Machiavelli, e nel rarissimo quarto di ducato per Roma, che apparteneva alla famosissima collezione di Carlo Ruchat, si ritorna a una tecnica più tradizionale e quasi pittorica, sempre estremamente caratterizzata da un realismo a volte estremo.

Il pontificato di Clemente VII appartiene a due epoche diverse suddivise dalla tragedia del Sacco di Roma del 1527. Lo splendido e rarissimo ducato d’oro per Modena, che proviene dalla collezione del conte Alessandro Magnaguti, e che fu emesso nel 1524 per opera dell’incisore Nicolò Cavallerino della Mirandola, appartiene al primo periodo: il ritratto del papa è ancora un ritratto realistico, conciso e sobrio. Il doppio carlino, realizzato da Benvenuto Cellini, è invece un magnifico esempio dell’evoluzione della ritrattistica papale successiva al Sacco di Roma: mancano ormai immediatezza ed essenzialità, realismo e sensibilità psicologica. Il pontefice è soltanto un vecchio con la barba lunga, quasi penitente, in un tipo di ritratto che si tramanderà con i papi successivi per molto tempo: si accresce un’attenzione puramente formale verso un tipo di immagine assai scenografica nella quale sono rilevanti numerosi particolari descrittivi. Con la rarissima piastra di Sisto V, probabile opera dell’incisore Domenico Poggini, si passa decisamente al periodo artistico più fecondo della monetazione papale: il maggiore modulo della moneta consente agli artisti di utilizzare uno spazio maggiore per la composizione e di operare quindi più liberamente nella realizzazione dell’immagine sempre arricchita da molti particolari descrittivi. Tra le belle e rare monete del Seicento e del Settecento vogliamo ricordare in particolare di Paolo V la rara piastra per Ferrara, prima moneta d’argento di largo modulo emessa nella città dopo la devoluzione dello Stato Estense alla Santa Sede, e il rarissimo testone per Bologna, e la magnifica quadrupla di Innocenzo XII con l’immagine al rovescio della fontana di S. Maria in Trastevere, che proviene dalla collezione privata del numismatico parigino Emile Bourgey. E ancora l’eccezionale per conservazione e raro scudo d’oro di Innocenzo XIII e infine la rarissima piastra di Clemente XII, unica piastra in argento di questo pontefice che presenta il ritratto del papa. Anche le monete dell’Ottocento sono state tutte selezionate

con estrema cura: basti pensare che tutti gli scudi in argento raccolti sono in conservazione eccezionale.

La collezione presenta un buon numero di medaglie in oro e altre in argento assai rilevanti per qualità, rarità e bellezza. Tra queste ultime citiamo la rarissima medaglia postuma di Leone XI che richiama al rovescio l’episodio biblico di Sansone e le api che escono dalle fauci del leone, e le due medaglie di Paolo V: rarissima la prima emessa nel 1606 ed estremamente rara la seconda coniata nel 1620 esse presentano al diritto due diversi busti del pontefice in raffigurazioni monumentali e quasi scultoree, mentre al rovescio rispettivamente la Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore e il ponte di Ceprano sul Liri costituiscono significativi esempi di immagini architettoniche realizzate con forte rispondenza e accuratezza. Per conservazione risulta eccezionale la rarissima medaglia annuale dell’anno III di Gregorio XV che al rovescio fornisce una rappresentazione allegorica di grande fascino. Tra le medaglie annuali sono da ricordare inoltre quelle di Alessandro VII del 1664 e di Clemente IX del 1668: opere entrambe raffinatissime del grande incisore Gaspare Morone e la seconda assai rara, presentano al rovescio immagini di processioni sacre rese con grande senso del movimento e della scenografia. Davvero splendide le medaglie annuali di medio modulo dell’anno II di Clemente X e dell’anno VII di Innocenzo XII, entrambe realizzate da Giovanni Hamerani, con immagini di santi al rovescio. Estremamente rara (ne furono coniati 12-15 esemplari) è la medaglia in oro della lavanda del 1724 di Benedetto XIII; molto rare sono anche le due medaglie annuali dell’anno VI e dell’anno XXII di Pio VII, entrambe in eccezionali condizioni di conservazione, e la medaglia straordinaria del 1825 di Leone XII, emessa in soli 56 esemplari.

Tutte le medaglie annuali in oro dell’Ottocento e del Novecento sono di estrema rarità essendo state coniate in un numero limitatissimo di esemplari. Catalogare una collezione ha spesso il significato di concludere un’esperienza, uno studio, un percorso di ricerca, un’attività nel tempo. Non è però questo il caso della collezione che qui presentiamo, dato che, se la compilazione del catalogo ha in primo luogo lo scopo di costituire un sintetico ordinamento del materiale da mettere a disposizione di collezionisti, studiosi e appassionati di numismatica papale, allo stesso tempo essa rappresenta soprattutto un punto di partenza per ulteriori e significativi sviluppi della collezione stessa secondo quelle che sono le intenzioni del proprietario.

Ci auguriamo pertanto vivamente di avere la possibilità in futuro di contribuire a rinnovare il catalogo della collezione, quando essa sarà accresciuta di nuovi, importanti e splendidi esemplari.

Franco Saetti

 


 

Prefazione alla seconda edizione

L’iniziativa del dottor Paolo Benatti di pubblicare la propria collezione con il preciso intento di metterla a disposizione degli studiosi riscosse diversi anni fa apprezzamenti davvero lusinghieri da parte dei numismatici più esperti e qualificati.

Come scrisse Mario Traina, «in questa sua scelta il dottor Benatti ha rinverdito gli allori di una tradizione che i grandi collezionisti dell’Ottocento e dei primi del Novecento hanno sempre tenuto viva, pubblicando le loro raccolte e contribuendo così in modo esemplare da una parte a incrementare la conoscenza della Numismatica e gli studi attorno ad essa, dall’altra ad assicurare in futuro la salvaguardia delle singole monete e medaglie. Di questo ritorno controcorrente al passato i numismatici devono essere grati all’autore».

Oggi, dopo quasi un decennio, il dottor Benatti ha deciso di dare alle stampe una seconda edizione del catalogo della collezione, dato che nel corso di questi ultimi anni essa è stata ulteriormente arricchita da una trentina di nuovi splendidi esemplari: tra questi vanno in particolare citati il raro, ed eccezionale per conservazione, fiorino di camera di Adriano VI, l’altrettanto rarissimo giulio dello stesso pontefice emesso a Parma e proveniente dalla prestigiosa collezione del conte Alessandro Magnaguti, il rarissimo ducato ossidionale battuto da Clemente VII in Castel S. Angelo durante il Sacco di Roma del 1527; e, ancora, il rarissimo testone di Paolo III Farnese coniato dalla zecca di Macerata nonché, per finire, il trittico delle medaglie del possesso di Pio IX, tra le quali l’esemplare in oro, coniato in soli 20 pezzi, può senza ombra di dubbio essere considerato la medaglia più rara in assoluto di tutte quelle emesse durante il suo lunghissimo pontificato.

Desideriamo pertanto rinnovare l’auspicio che la pubblicazione di questo importante aggiornamento della collezione, costituendo una più ampia e valida sintesi della storia dell’arte incisoria presso la corte dei romani pontefici, possa destare di nuovo e accrescere l’interesse, l’attenzione e la passione degli studiosi di numismatica papale.

Franco Saetti

 

Orari

Offerte pre-asta - Fine
05 05 2024 10:30 CEST

Asta di sala - Asta live - Inizio
05 05 2024 11:30 CEST

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